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27/03/10

Descovered :: Million Young

E questi, da dove sbucano?

Li ho scoperti proprio stasera...fantastica rielaborazione sintetica dei suoni: synth non invandenti, refrain simpatici, qualche tocco di esotico.

Evocativi e impalpabili come borotalco.

Davvero bravi!

23/03/10

Recensione libro :: Randagi_di Carlotta De Melas >> su Milanonera


Randagi è una favola violenta dal profumo vanigliato.
E’ un racconto punk dai contorni sfumati di azzurro che narra al mondo che solo cadendo si ha la gloria del rialzarsi.
E’ la storia di una Nina qualunque, ragazza zoppa e fragile, che perde una persona amata e non ne comprende il motivo.
Attraverso un lungo viaggio fuori di casa, nella Milano dei cosiddetti punkabbestia, esplorando il mondo con la sua tragica e violenta bellezza, tra droga, prostituzione, solidarietà e amicizia, la protagonista conoscerà un’ umanità ricca e pronta ad amare chiunque, disposta ad insegnare cosa significa vivere ma soprattutto sopravvivere dopo un’anabasi.

Randagi, secondo libro, dopo Una lingua sul cuore, dell’acclamata e giovanissima scrittrice Carlotta De Melas, è la storia di una catarsi, della ricerca della verità, la cui sede può trovarsi ovunque, soprattutto dove non ci si aspetterebbe di trovarla.
Con un linguaggio giovanile e luccicante, etereo e spesso clicca qui per il seguito.

18/03/10

Recensioni musica :: Falling Down a Mountain on EXTRA Music Magazine


In cento film non si vedrà mai ciò che in una goccia di pioggia evocata dalle note di una canzone verrà raccontato. Goccia di pioggia che l’ultimo album dei Tindersticks, pubblicato a due anni dal precedente Hungry Saw, racconta insieme a mareggiate e giorni piovosi, viaggi vissuti chi per davvero, chi nel proprio io.

I Tindersticks sono la dimostrazione che è ancora possibile ascoltare musica di spessore e non di facile consumo, bella, evocativa, che ha la capacità di raccontare.
Ambienti esistenzialisti che rievocano la Audrey Hepburn di Cenerentola a Parigi (non per nulla il disco è stato registrato tra la Francia e Bruxelles), le note di Falling Down A Mountain, insieme alla clicca qui per il seguito.

15/03/10

Recensioni :: libri :: Il Lamento del Bradipo :: on MilanoNera


Il Lamento del bradipo, seconda fatica di Sam Savage, è un libro da assaporare con sottofondo blues, un bicchiere di whisky in mano, e tanta voglia di prendere le cose con filosofia.

La seconda opera dello scrittore americano, ex professore di filosofia diventato poi pescatore, falegname ed infine grafico di pressa, è originale e fuori dal coro quanto il precedente libro dell’autore, Firmino, nato in una notte di veglia e diventato best seller per puro caso ed inaspettatamente.

Bislacco, lento, malinconico, a tratti divertente, il protagonista, Andy Whittaker è un grafomane con tutte le carte in regola per divertire con una punta di amarezza tutti coloro che si addentrano nel suo universo, fatto da inquilini che non pagano l’affitto, da aspiranti scrittori e poeti (che sono il materiale umano che più fa riflettere e sorridere), ex – mogli, ex-compagni di scuola, ex-familiari, e tante vite lontane mille miglia dal proprio universo che va a pezzi, inesorabilmente.

Proprietario di una rivista letteraria (Bolle) che rischia la bancarotta, possessore di clicca qui per leggere il seguito.

09/03/10

SPECIALE ARè ROCK FESTIVAL 2010: intervista agli Aedi



foto di Antonella Fuccilli

In occasione dell’esibizione all’Arè Rock Festival del 5 marzo, I Think ha intervistato Celeste Carboni, cantante degli Aedi (www.myspace.com/aedimusic), gruppo indie proveniente da Macerata e composto, oltre che da Celeste (voce e tastiere), da Paolo Ticà' (chitarra, timpano, sinth, casio), Jones Piu (basso), Claudio Innamorati (chitarra, glockenspiel), Filippo Tacchi (batteria).


Celeste, chi erano gli Aedi e come mai questo moniker?
Gli Aedi erano dei cantori della Grecia Antica. Abbiamo preso questo nome per l’idea musicale che rende e non per il genere a cui si associa, anche perché impossibile da riproporre. Noi infatti non usiamo sonorità affini alla musica popolare né cantiamo in italiano.

Gli aedi raccontavano storie: le vostre canzoni di cosa parlano?
Non ci sono dei temi principali: sono più che altro descrizioni legate a sensazioni visive. I testi sono molto brevi. La voce viene usata come strumento musicale e ha il compito di trasmettere le emozioni. La nostra è una musica di immagine.


In che modo scatta l’ispirazione che genera poi i vostri brani?
Scatta quando qualcuno decide di fare qualcosa, non è una cosa istintiva, per lo meno nel mio caso. Penso ad un’immagine e cerco dei suoni che la descrivano. Sono diplomata al conservatorio e quindi cerco sempre un legame che associ il suono e l’ambiente che voglio riprodurre.


Definisci la tua band in tre parole chiave.
Giocosa, accademica (ma più che altro per il legame che abbiamo con l’armonia classica), e semplice.


Quali generi musicali vi piacciono e influenzano?
Siamo in cinque nella band, quindi ognuno ha le sue preferenze. Io personalmente sono molto legata alla musica classica… altri amano il punk, post rock ecc.


A che tipo di pubblico vi rivolgete?
Il nostro tipo di musica implica un ascolto impegnativo: per questa ragione ci rivolgiamo ad un pubblico adulto, maturo, attento ai particolari. E' difficile che un adolescente colga ogni sfumatura dei nostri suoni.


Gli strumenti che usate sono quelli classici delle formazioni rock?
Ultimamente, alla strumentazione classica che già usavamo, abbiamo aggiunto fiati, maracas, campanelle... Abbiamo spesso arricchito il tutto con suoni tribali.


Quando hai capito che la tua strada era la musica?
Sono nata in un ambiente musicale, circondata da musica fin da quando ero bambina, quindi non c’è stato un momento in particolare. Adesso, oltre che studiare musica, ho in cantiere molti progetti musicali, anche in ambito didattico.


Quando è venuta l’idea di formare una band?
L’idea ci è venuta quando frequentavamo le superiori, nel 2002; la creazione della band è avvenuta spontaneamente, dovuto al fatto che tra noi c’era e c’è un forte legame d’amicizia.
Solo nel 2007 però abbiamo cominciato a comporre musica inedita; i primi anni abbiamo cercato la nostra identità musicale.

08/03/10

SPECIALE ARè ROCK FESTIVAL 2010: intervista ai Falena


foto di Antonella Fuccilli

I Falena sono una band indie-rock barese nata nel 2008 e composta da Michele Ventrella (voce e chitarra), Giuseppe Dentamaro (bassista), Roberto Antonacci (voce e chitarra) e Fabio Letizia (voce e batteria). Il 5 marzo si sono esibiti a Barletta per la seconda serata dell’Arè Rock Festival e abbiamo colto l'occasione per conoscerli meglio e presentarveli.

Sul vostro myspace (www.myspace.com/falenabari) si impone un’immagine in cui è raffigurato un bambino con una falena sugli occhi: cosa rappresenta? Perché avete scelto la Falena come simbolo della vostra band?
Tempo fa suonammo in un locale, al cui interno aveva trovato dimora una falena che non riuscimmo a far volare via. Non avevamo un nome e quindi prendemmo come spunto questo episodio per trovarne uno.
La falena sugli occhi del bambino non è cattiva: ha il compito di proteggere l’innocenza dagli orrori del mondo.


I temi delle vostre canzoni trattano di questo dunque?
Non esclusivamente: sono libere e molto intime. Chi suona ha il vantaggio di farsi ascoltare quando le espone.
Quello a cui facciamo riferimento spesso è la relazione tra noi e il mondo esterno.

Come nasce un vostro pezzo?
La musica è un’urgenza, è comunicazione: dunque una canzone è quasi una richiesta di aiuto, che vuole un riscontro dall’esterno. Generalmente un pezzo nasce in pochi secondi, e musica e testo nascono a volte insieme, a volte l’una precede di poco l’altra.

Con quale band famosa vi piacerebbe collaborare?
Sicuramente con i Wilco e i Sigur Ros.

Come definireste la vostra band?
Non amiamo le definizioni. Noi suoniamo, facciamo musica, le etichette non ci interessano più di tanto.

Secondo voi, con l’avvento di internet, come è cambiato il rapporto con la musica?
Internet dà molte informazioni, ma non approfondite. Sarebbe bello, invece, credere ancora nel legame che si crea tra ascoltatore e band, legame che ti porta a seguire la carriera dei musicisti a cui ci si affeziona. Con internet, che rende tutto più fruibile, non ci saranno più band famosissime come prima: gli ultimi forse sono gli U2.
Bisognerebbe educare le nuove generazioni ad un ascolto responsabile; per il resto ognuno, grazie ad internet, può assecondare un pensiero, una preferenza…

Come vivete le esibizioni live?
Con l'esperienza abbiamo imparato a suonare prima di tutto per noi stessi. Chi vuole percepire le nostre emozioni ci riesce, perché se siamo felici di suonare noi, anche al pubblico arriverà questa nostra carica emotiva.
Non inseguiamo il successo: quello che cerchiamo è la soddisfazione personale.

Se un giorno doveste, però, diventare famosi, e ve lo auguriamo, come vorreste essere ricordati nella storia della musica?
Sicuramente vorremmo che i Falena fossero considerati come una band onesta: che non ha fatto nulla di nuovo, ma semplicemente bella musica in maniera autentica e sincera.
Non crediamo nella ricerca ossessiva della novità, ma della qualità, sforzandoci di produrre buona musica, che non faccia sfigurare la musica italiana.


Grazie per l’intervista! Speriamo di rivedervi presto su palco!




01/03/10

Speciale Arè Rock Festival 2010: intervista ai Cariòn per I Think Magazine


Cariòn (www.myspace.com/carionband, http://www.youtube.com/user/carionband ) è una band di Bari nata nel 2004 e formata da Vito “Vigos” Napoletano (voce e chitarra), Cristiano "Marvin" Laporta (basso), Marco De Giovanni (batteria/basi), Roberto Calabrese (chitarre) e Gianluca Schettini (synth/pianoforte).
Suonano un indie-rock possente ed elettronico, cantato in italiano.
La loro musica è un misto fra rock'n'roll di stampo americano e synth/indie che colpisce dritto al cuore.
Le melodie ricordano la forza espressiva e sentimentale delle vibrazioni e la grinta dei primi Litfiba.
I Think Magazine - www.ithinkmagazine.it (il mio zampino sta, soprattutto nelle rise che si sentono nelle registrazioni) li ha intervistati per voi!

Il nome della band (Cariòn) è inconsueto: da dove deriva?

Vigos: E’ un carillon “italianizzato”. L'idea è nata per l’effetto sorpresa del carillon: una scatoletta di cui non conosci le melodie finché non la apri.

Il vostro è un rock puro talvolta arricchito di contaminazioni: a quali artisti vi ispirate?

Vigos: Per le sonorità più rock mi vengono in mente Alice in Chains, il grunge anni ’90…
Marvin: Sì, e aggiungerei l'alternative rock, anche britannico.
Vigos: Invece per le sonorità più elettroniche ci ispiriamo soprattutto a Depeche Mode, Jesus and Mary Chains…tutto questo genere che prevede campionamenti seri.
Marvin: Al di là dell’Industrial e musica anche un po’ più estrema.

La scelta di cantare in italiano, quindi, nonostante le vostre radici musicali siano inglesi e americane, a cosa è dovuta?

Vigos: Siamo in Italia e cantare in italiano significa far arrivare prima agli altri ciò che vuoi dire e trasmettere. E’ vero che oramai si ascolta molta musica straniera, però in qualche modo dobbiamo rappresentare una realtà che esiste, quella della musica italiana, anche se cantare in italiano è più difficile, soprattutto nell’ambito del rock, perché è più semplice tirare fuori melodie vocali in inglese.
Marvin: Infatti, se ci si fa caso, gli ultimi gruppi rock italiani risalgono a 10 o 15 anni fa, ad esempio i vecchi Litfiba, i Timoria, i Negrita, gli Afterhours.

Definite la vostra musica anche indie: l’indie va parecchio di moda…

Vigos: Il nostro no perché non riusciamo ancora ad emergere (ride)
Questo è un buon segno, secondo me, perché l’originalità spesso non paga subito ma, quando lo fa, ricompensa tutti gli sforzi alla grande!

Secondo voi quale genere musicale in particolare esploderà nei prossimi anni?

Vigos: Io mi auspico un grande ritorno del rock’n’roll in Italia.
Marvin: Per me va bene tutto purché la smettano di proporre il solito brit-rock moderno…vorrei un ritorno del rock più duro.

Grazie per l’intervista e in bocca al lupo per la vostra carriera!

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27/03/10

Descovered :: Million Young

E questi, da dove sbucano?

Li ho scoperti proprio stasera...fantastica rielaborazione sintetica dei suoni: synth non invandenti, refrain simpatici, qualche tocco di esotico.

Evocativi e impalpabili come borotalco.

Davvero bravi!

23/03/10

Recensione libro :: Randagi_di Carlotta De Melas >> su Milanonera


Randagi è una favola violenta dal profumo vanigliato.
E’ un racconto punk dai contorni sfumati di azzurro che narra al mondo che solo cadendo si ha la gloria del rialzarsi.
E’ la storia di una Nina qualunque, ragazza zoppa e fragile, che perde una persona amata e non ne comprende il motivo.
Attraverso un lungo viaggio fuori di casa, nella Milano dei cosiddetti punkabbestia, esplorando il mondo con la sua tragica e violenta bellezza, tra droga, prostituzione, solidarietà e amicizia, la protagonista conoscerà un’ umanità ricca e pronta ad amare chiunque, disposta ad insegnare cosa significa vivere ma soprattutto sopravvivere dopo un’anabasi.

Randagi, secondo libro, dopo Una lingua sul cuore, dell’acclamata e giovanissima scrittrice Carlotta De Melas, è la storia di una catarsi, della ricerca della verità, la cui sede può trovarsi ovunque, soprattutto dove non ci si aspetterebbe di trovarla.
Con un linguaggio giovanile e luccicante, etereo e spesso clicca qui per il seguito.

18/03/10

Recensioni musica :: Falling Down a Mountain on EXTRA Music Magazine


In cento film non si vedrà mai ciò che in una goccia di pioggia evocata dalle note di una canzone verrà raccontato. Goccia di pioggia che l’ultimo album dei Tindersticks, pubblicato a due anni dal precedente Hungry Saw, racconta insieme a mareggiate e giorni piovosi, viaggi vissuti chi per davvero, chi nel proprio io.

I Tindersticks sono la dimostrazione che è ancora possibile ascoltare musica di spessore e non di facile consumo, bella, evocativa, che ha la capacità di raccontare.
Ambienti esistenzialisti che rievocano la Audrey Hepburn di Cenerentola a Parigi (non per nulla il disco è stato registrato tra la Francia e Bruxelles), le note di Falling Down A Mountain, insieme alla clicca qui per il seguito.

15/03/10

Recensioni :: libri :: Il Lamento del Bradipo :: on MilanoNera


Il Lamento del bradipo, seconda fatica di Sam Savage, è un libro da assaporare con sottofondo blues, un bicchiere di whisky in mano, e tanta voglia di prendere le cose con filosofia.

La seconda opera dello scrittore americano, ex professore di filosofia diventato poi pescatore, falegname ed infine grafico di pressa, è originale e fuori dal coro quanto il precedente libro dell’autore, Firmino, nato in una notte di veglia e diventato best seller per puro caso ed inaspettatamente.

Bislacco, lento, malinconico, a tratti divertente, il protagonista, Andy Whittaker è un grafomane con tutte le carte in regola per divertire con una punta di amarezza tutti coloro che si addentrano nel suo universo, fatto da inquilini che non pagano l’affitto, da aspiranti scrittori e poeti (che sono il materiale umano che più fa riflettere e sorridere), ex – mogli, ex-compagni di scuola, ex-familiari, e tante vite lontane mille miglia dal proprio universo che va a pezzi, inesorabilmente.

Proprietario di una rivista letteraria (Bolle) che rischia la bancarotta, possessore di clicca qui per leggere il seguito.

09/03/10

SPECIALE ARè ROCK FESTIVAL 2010: intervista agli Aedi



foto di Antonella Fuccilli

In occasione dell’esibizione all’Arè Rock Festival del 5 marzo, I Think ha intervistato Celeste Carboni, cantante degli Aedi (www.myspace.com/aedimusic), gruppo indie proveniente da Macerata e composto, oltre che da Celeste (voce e tastiere), da Paolo Ticà' (chitarra, timpano, sinth, casio), Jones Piu (basso), Claudio Innamorati (chitarra, glockenspiel), Filippo Tacchi (batteria).


Celeste, chi erano gli Aedi e come mai questo moniker?
Gli Aedi erano dei cantori della Grecia Antica. Abbiamo preso questo nome per l’idea musicale che rende e non per il genere a cui si associa, anche perché impossibile da riproporre. Noi infatti non usiamo sonorità affini alla musica popolare né cantiamo in italiano.

Gli aedi raccontavano storie: le vostre canzoni di cosa parlano?
Non ci sono dei temi principali: sono più che altro descrizioni legate a sensazioni visive. I testi sono molto brevi. La voce viene usata come strumento musicale e ha il compito di trasmettere le emozioni. La nostra è una musica di immagine.


In che modo scatta l’ispirazione che genera poi i vostri brani?
Scatta quando qualcuno decide di fare qualcosa, non è una cosa istintiva, per lo meno nel mio caso. Penso ad un’immagine e cerco dei suoni che la descrivano. Sono diplomata al conservatorio e quindi cerco sempre un legame che associ il suono e l’ambiente che voglio riprodurre.


Definisci la tua band in tre parole chiave.
Giocosa, accademica (ma più che altro per il legame che abbiamo con l’armonia classica), e semplice.


Quali generi musicali vi piacciono e influenzano?
Siamo in cinque nella band, quindi ognuno ha le sue preferenze. Io personalmente sono molto legata alla musica classica… altri amano il punk, post rock ecc.


A che tipo di pubblico vi rivolgete?
Il nostro tipo di musica implica un ascolto impegnativo: per questa ragione ci rivolgiamo ad un pubblico adulto, maturo, attento ai particolari. E' difficile che un adolescente colga ogni sfumatura dei nostri suoni.


Gli strumenti che usate sono quelli classici delle formazioni rock?
Ultimamente, alla strumentazione classica che già usavamo, abbiamo aggiunto fiati, maracas, campanelle... Abbiamo spesso arricchito il tutto con suoni tribali.


Quando hai capito che la tua strada era la musica?
Sono nata in un ambiente musicale, circondata da musica fin da quando ero bambina, quindi non c’è stato un momento in particolare. Adesso, oltre che studiare musica, ho in cantiere molti progetti musicali, anche in ambito didattico.


Quando è venuta l’idea di formare una band?
L’idea ci è venuta quando frequentavamo le superiori, nel 2002; la creazione della band è avvenuta spontaneamente, dovuto al fatto che tra noi c’era e c’è un forte legame d’amicizia.
Solo nel 2007 però abbiamo cominciato a comporre musica inedita; i primi anni abbiamo cercato la nostra identità musicale.

08/03/10

SPECIALE ARè ROCK FESTIVAL 2010: intervista ai Falena


foto di Antonella Fuccilli

I Falena sono una band indie-rock barese nata nel 2008 e composta da Michele Ventrella (voce e chitarra), Giuseppe Dentamaro (bassista), Roberto Antonacci (voce e chitarra) e Fabio Letizia (voce e batteria). Il 5 marzo si sono esibiti a Barletta per la seconda serata dell’Arè Rock Festival e abbiamo colto l'occasione per conoscerli meglio e presentarveli.

Sul vostro myspace (www.myspace.com/falenabari) si impone un’immagine in cui è raffigurato un bambino con una falena sugli occhi: cosa rappresenta? Perché avete scelto la Falena come simbolo della vostra band?
Tempo fa suonammo in un locale, al cui interno aveva trovato dimora una falena che non riuscimmo a far volare via. Non avevamo un nome e quindi prendemmo come spunto questo episodio per trovarne uno.
La falena sugli occhi del bambino non è cattiva: ha il compito di proteggere l’innocenza dagli orrori del mondo.


I temi delle vostre canzoni trattano di questo dunque?
Non esclusivamente: sono libere e molto intime. Chi suona ha il vantaggio di farsi ascoltare quando le espone.
Quello a cui facciamo riferimento spesso è la relazione tra noi e il mondo esterno.

Come nasce un vostro pezzo?
La musica è un’urgenza, è comunicazione: dunque una canzone è quasi una richiesta di aiuto, che vuole un riscontro dall’esterno. Generalmente un pezzo nasce in pochi secondi, e musica e testo nascono a volte insieme, a volte l’una precede di poco l’altra.

Con quale band famosa vi piacerebbe collaborare?
Sicuramente con i Wilco e i Sigur Ros.

Come definireste la vostra band?
Non amiamo le definizioni. Noi suoniamo, facciamo musica, le etichette non ci interessano più di tanto.

Secondo voi, con l’avvento di internet, come è cambiato il rapporto con la musica?
Internet dà molte informazioni, ma non approfondite. Sarebbe bello, invece, credere ancora nel legame che si crea tra ascoltatore e band, legame che ti porta a seguire la carriera dei musicisti a cui ci si affeziona. Con internet, che rende tutto più fruibile, non ci saranno più band famosissime come prima: gli ultimi forse sono gli U2.
Bisognerebbe educare le nuove generazioni ad un ascolto responsabile; per il resto ognuno, grazie ad internet, può assecondare un pensiero, una preferenza…

Come vivete le esibizioni live?
Con l'esperienza abbiamo imparato a suonare prima di tutto per noi stessi. Chi vuole percepire le nostre emozioni ci riesce, perché se siamo felici di suonare noi, anche al pubblico arriverà questa nostra carica emotiva.
Non inseguiamo il successo: quello che cerchiamo è la soddisfazione personale.

Se un giorno doveste, però, diventare famosi, e ve lo auguriamo, come vorreste essere ricordati nella storia della musica?
Sicuramente vorremmo che i Falena fossero considerati come una band onesta: che non ha fatto nulla di nuovo, ma semplicemente bella musica in maniera autentica e sincera.
Non crediamo nella ricerca ossessiva della novità, ma della qualità, sforzandoci di produrre buona musica, che non faccia sfigurare la musica italiana.


Grazie per l’intervista! Speriamo di rivedervi presto su palco!




01/03/10

Speciale Arè Rock Festival 2010: intervista ai Cariòn per I Think Magazine


Cariòn (www.myspace.com/carionband, http://www.youtube.com/user/carionband ) è una band di Bari nata nel 2004 e formata da Vito “Vigos” Napoletano (voce e chitarra), Cristiano "Marvin" Laporta (basso), Marco De Giovanni (batteria/basi), Roberto Calabrese (chitarre) e Gianluca Schettini (synth/pianoforte).
Suonano un indie-rock possente ed elettronico, cantato in italiano.
La loro musica è un misto fra rock'n'roll di stampo americano e synth/indie che colpisce dritto al cuore.
Le melodie ricordano la forza espressiva e sentimentale delle vibrazioni e la grinta dei primi Litfiba.
I Think Magazine - www.ithinkmagazine.it (il mio zampino sta, soprattutto nelle rise che si sentono nelle registrazioni) li ha intervistati per voi!

Il nome della band (Cariòn) è inconsueto: da dove deriva?

Vigos: E’ un carillon “italianizzato”. L'idea è nata per l’effetto sorpresa del carillon: una scatoletta di cui non conosci le melodie finché non la apri.

Il vostro è un rock puro talvolta arricchito di contaminazioni: a quali artisti vi ispirate?

Vigos: Per le sonorità più rock mi vengono in mente Alice in Chains, il grunge anni ’90…
Marvin: Sì, e aggiungerei l'alternative rock, anche britannico.
Vigos: Invece per le sonorità più elettroniche ci ispiriamo soprattutto a Depeche Mode, Jesus and Mary Chains…tutto questo genere che prevede campionamenti seri.
Marvin: Al di là dell’Industrial e musica anche un po’ più estrema.

La scelta di cantare in italiano, quindi, nonostante le vostre radici musicali siano inglesi e americane, a cosa è dovuta?

Vigos: Siamo in Italia e cantare in italiano significa far arrivare prima agli altri ciò che vuoi dire e trasmettere. E’ vero che oramai si ascolta molta musica straniera, però in qualche modo dobbiamo rappresentare una realtà che esiste, quella della musica italiana, anche se cantare in italiano è più difficile, soprattutto nell’ambito del rock, perché è più semplice tirare fuori melodie vocali in inglese.
Marvin: Infatti, se ci si fa caso, gli ultimi gruppi rock italiani risalgono a 10 o 15 anni fa, ad esempio i vecchi Litfiba, i Timoria, i Negrita, gli Afterhours.

Definite la vostra musica anche indie: l’indie va parecchio di moda…

Vigos: Il nostro no perché non riusciamo ancora ad emergere (ride)
Questo è un buon segno, secondo me, perché l’originalità spesso non paga subito ma, quando lo fa, ricompensa tutti gli sforzi alla grande!

Secondo voi quale genere musicale in particolare esploderà nei prossimi anni?

Vigos: Io mi auspico un grande ritorno del rock’n’roll in Italia.
Marvin: Per me va bene tutto purché la smettano di proporre il solito brit-rock moderno…vorrei un ritorno del rock più duro.

Grazie per l’intervista e in bocca al lupo per la vostra carriera!

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